In Malesia, il 31 luglio 2021, si terreva una manifestazione per le strade di Kuala Lumpur per chiedere le dimissioni del Primo Ministro.
L'uso del Covid-19 contro la democrazia
Quello che bisogna capire è che l'attuale crisi politica malese è intimamente legata alla crisi sanitaria. Iniziano entrambi a marzo 2020. Solo pochi giorni prima del primo confino, un nuovo Primo Ministro viene nominato dal re. In Malesia il Primo Ministro è ancora il leader della maggioranza parlamentare ed è stato fino ad allora sempre nominato dal Re dopo le elezioni dei deputati. Ma l'anno scorso un gioco di alleanze parlamentari ha portato il sultano Abdullah a nominare per la prima volta un capo di governo senza nuove elezioni: Muhyiddin Yassin. Da allora, la sua legittimità non ha cessato di essere contestata dall'opposizione, che però non è mai riuscita a mettere in atto un voto di sfiducia perché la vita parlamentare è stata congelata da una serie di confinamenti.
Lo stato di emergenza doveva terminare il 1° agosto e per uscirne bisognava consultare sia il Parlamento che il Re. Ma quando i parlamentari sono stati finalmente in grado di sedersi dopo sei mesi di licenziamenti la scorsa settimana, il governo ha fatto un annuncio che ha sorpreso l'intero paese assicurando che lo stato di emergenza fosse terminato la settimana precedente senza che nessuno ne fosse a conoscenza. Da allora il governo di turno ha tratto ulteriori critiche: dal re in primis, anche dai giovani che sabato hanno manifestato per chiedere le dimissioni di Muhyiddin.
Communque, impossibile nuove elezioni
La Costituzione malese non sembra dettagliare cosa fare in tali situazioni. Sembra esserci un consenso sulla necessità di nuove elezioni, ma tenerne una mentre il Paese sta affrontando la peggiore ondata di coronavirus è impensabile. Il prossimo discorso del re sarà senza dubbio decisivo per vedere se deciderà di mostrare pietà a Muhyiddin, se sceglierà di trovare un altro primo ministro a interim o un'altra possibile strada.